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Il capolavoro di Paolo Sorrentino interamente made in Italy

Spettacolari la fotografia e l’interpretazione di Toni Servillo

La grande bellezza” è un film diretto e sceneggiato da Paolo Sorrentino, candidato al Festival di Cannes e al Premio Oscar per il miglior film in lingua non inglese. Il 14 gennaio di quest’anno ha ricevuto un Golden Globe, l’ultimo era stato vinto nel 1990 da Giuseppe Tornatore con “Nuovo Cinema Paradiso”.
Il cast del film vede la partecipazione di attori affermati come Toni Servillo, per lui ruolo da protagonista, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli e Galatea Ranzi, eclettica attrice che si divide tra grande schermo e palco del teatro. Notevoli i primi minuti del film, con il regista che introduce lo spettatore alla trama senza che gli attori proferiscano parola: un sottofondo musicale accompagna la telecamera attraverso una discoteca e fa finalmente capolino sul protagonista, Jep Gambardella, magistralmente impersonato da Servillo.
Jep è un navigato e disilluso giornalista, diviso tra la mediocrità generale dell’Italia moderna e l’eterno splendore di una Roma assoluta, oppresso da un’assenza di stimoli che causa in lui la perdita di ogni velleità artistica: la sua sensibilità sarebbe sprecata nella Babele che lo circonda.
Il protagonista racconta di essere giunto a Roma quarant’anni prima con il sogno di diventare “il re dei mondani”: riesce nell’impresa, salvo, poi, rendersi conto di essere in qualche modo intrappolato in questa condizione, che con il tempo lo annoia sempre più, arrivato a sessantacinque anni è circondato da persone vuote e insipide, per il quale non prova nessun interesse particolare.
Le uniche persone presenti con continuità nella sua vita sono una ristretta cerchia di conoscenti con la quale trascorre le serate sulla sua terrazza vista Colosseo, discutendo in maniera, superficiale: il manipolo di amici vive in un atmosfera esclusiva, ma è evidente che ognuno porta la sua croce.
Un episodio negativo, unito alla futilità della maggioranza delle persone che lo circondano, spingono Jep ad una riflessione profonda sulle sue velleità artistiche:
“Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non ci è riuscito: dovrei riuscirci io?”.
Nel film, la grande bellezza assume diverse forme: quella concreta ed immensa di cui è impregnata Roma, quella segreta ed astratta data dalla sensibilità di Jep o quella che il protagonista necessita per ispirare la propria vena artistica; queste interpretazioni cozzano fragorosamente con la quotidianità trash dello spaccato proposto dal film, dove apparenza ed ipocrisia fanno da padrone: chi avrà la meglio?
Un film totalmente “Made in Italy” che ha riscosso giudizi contrastanti in casa nostra, ma che merita, quantomeno, di essere visto: spettacolare la fotografia, che immortala lunghe passeggiate per le vie della Capitale e spesso rapisce lo spettatore trascinandolo con sé ma la vera forza di questa pellicola sono i dialoghi.
Dialoghi che sono spesso monologhi o riflessioni, sempre attenti e mai banali, spesso borghesi ma talvolta coloriti; indimenticabile il momento in cui Jep, sfidato da una presuntuosa pseudo-intellettuale, la distrugge descrivendo in pubblico con lucida precisione gli scheletri della sua vita.

Nicholas Capra

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