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Ogni sottocultura; per quanto deviante essa sia stata; ha prodotto un minimo di materiale artistico rilevante anche per la cultura mainstream: i punk hanno stupito con la musica; i rasta con una sostanza psicoattiva; gli skater con un mezzo di trasporto: la massima produzione dei Paninari è stata la diffusione dell’ hamburger tra le generazioni post anni Ottanta.

La scena si sviluppa nel Nord Italia; in quella “Milano da bere” protagonista del boom economico prodotto da un sistema politico e finanziario malandrino: i figli delle classi più agiate vivono con spocchia la loro condizione; facendo l’ occhiolino al consumismo made in USA e contrapponendosi alle sottoculture anti materialiste o politicamente impegnate; soprannominate con disprezzo “cinesi”.

Il soprannome Paninari deriva dell’ abitudine di questi ragazzi a ritrovarsi presso alcuni bar di Milano; tra cui il famoso “Il Panino”; per consumare il classico prodotto culinario d’ Oltreoceano: l’ hamburger; grasso e nocivo simbolo concreto del consumismo più bieco.

Il maschio del Paninaro viene chiamato “gallo” ed è riconoscibile per la perenne abbronzatura faticosamente ottenuta nella seconda casa al mare o in montagna; indossa scarponcini Timberland e jeans stretti rigorosamente Levi’s; e cintura El Charro; immancabile giubbino Moncler e occhiali Ray-Ban completano la divisa di questi consumatori felici: lo status sociale passa attraverso il feticcio dell’ abbigliamento che deve essere firmato e costoso enfatizzando la condizione economica ed il distacco dalla classe operaia.

La Paninara femmina è detta “squinzia” e propone un look ancora peggiore: fuseaux fluorescenti sormontati da maglioni con spalline imbottite che incorniciano un volto impiastricciato da trucchi Naj Oleari e una capigliatura cotonata dalla permanente: le parole d’ ordine sono frivolezza e immaturità; il capriccio una ragione di vita; sposare Simon Le Bon è il sogno nel cassetto di migliaia di adolescenti nonché il titolo di un opera letteraria scritta dalla sedicenne Clizia Guarrado; ne verrà tratto anche un film nel 1985.

Alla voce produzioni artistiche questa sottocultura registra un triste asterisco; solo un filettino da quattro soldi; “Italian fast food” regia di Lodovico Gasparini e cast composto dai comici di Drive In; trasmissione culto per l’ epoca.

Nel 1986 i Pet Shop Boys incidono la canzone “Paninaro” un testo stupido e ripetitivo abbinato ad un video girato a Piazza San Babila; il quartier generale dei Paninari meneghini.

La moda paninara si estinguerà verso gli anni 90; senza particolari segni di rottura ma con l’ oscura realtà di un movimento consumista e accondiscendente verso il Sistema; che chiude gli occhi e apre il portafoglio accompagnando l’ ascesa di personaggi simbolo del distacco morale-guadagno: Silvio Berlusconi.

Nicholas Capra

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