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Pesano anche sul portafoglio delle famiglie alessandrine le cattive notizie che arrivano dal fronte delle utenze domestiche.

Nonostante i consumi in calo; le bollette di luce e gas per il 2012 saranno le più care degli ultimi sessant’anni; complice soprattutto il prezzo del petrolio. Le quotazioni del greggio servono; infatti; da riferimento per tutte le materie prime energetiche; con un effetto negativo che non si ferma alle pompe di benzina.

“Anche a livello provinciale l’ulteriore aumento della spesa energetica in un momento di crisi ha un doppio effetto negativo perché – sottolineano il presidente e il direttore della Coldiretti alessandrina Roberto Paravidino e Simone Moroni – riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie; ma aumenta anche i costi delle imprese particolarmente rilevanti per l’agroalimentare”.

Dopo i prezzi record raggiunti dalla benzina che è rincarata a settembre del 20;2 per cento; l’aumento delle tariffe energetiche da ottobre taglia la capacità di spesa delle famiglie e la competitività delle imprese.

“La corsa dei costi a carico delle imprese; spinta da energia e carburanti – proseguono Paravidino e Moroni – mette a rischio la competitività del sistema produttivo costretto a fare i conti con il forte calo dei consumi sul mercato nazionale”.

I prodotti alimentari hanno contribuito in media a frenare l’inflazione anche se per alcune categorie si sono registrati aumenti rilevanti dei prezzi come i vegetali freschi (+10;5 per cento); la frutta fresca (+6;4 per cento) mentre incrementi di lieve entità si segnalano per il pollame (+2;2 per cento) carne suina (+2;6 per cento) e bovina (+2;7 per cento).

Per effetto dei continui incrementi un litro di benzina viene a costare come un chilo di frutta di stagione; ma il prezzo ha superato del 40 per cento il chilo di pasta e del 50 per cento un litro di latte. Un rapporto di cambio che non è eticamente ed economicamente sostenibile e mette a rischio la ripresa del Paese.

Una crisi che ha tagliato la spesa di sei italiani su dieci (61 per cento) che hanno modificato al risparmio i propri comportamenti di acquisto; confrontando con più attenzione i prezzi nel momento di riempire il carrello; ma anche riducendo gli acquisti di latte del 7 per cento; di olio del 5 per cento; di pesce (-4 per cento); carne di maiale e vino (-2 per cento); frutta; pasta e carne di manzo (-1 per cento).

Un vero e proprio crollo delle vendite in tutte le tipologie distributive nell’alimentare dagli ipermercati (-3;1 per cento) ai supermercati (-1;1 per cento) ma anche nei discount alimentari (-0.1 per cento).

“Il calo degli acquisti – continuano Paravidino e Moroni – nei discount è particolarmente significativo perché colpisce le classi più povere della popolazione costrette a risparmiare sulla qualità dell’alimentazione. A crescere sono solo i modelli di spesa alternativa; dalle vendite porta a porta ai gruppi di acquisto solidale fino alla spesa a chilometri zero direttamente dal produttore”.

In controtendenza rispetto all’andamento generale del commercio al dettaglio volano; infatti; gli acquisti diretti dal produttore; nei Mercati; Punti e Botteghe di “Campagna Amica”; con un aumento del 23 per cento rispetto allo scorso anno grazie anche al migliore rapporto prezzo/qualità.

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