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Un tempo la colorazione di tessuti veniva effettuata attraverso dei bagni liquidi in cui venivano disciolti dei pigmenti di origine vegetale o animale, ricavati da germogli e frutti o, ad esempio, dalla cocciniglia, un parassita utilizzato per ricavare il rosso scarlatto che tinteggiava le vesti dei cardinali.
Le tinture naturali venivano applicate solo a stoffe naturali come il cotone, il lino, la lana e la seta, per questo con l’avvento dell’industria tessile e la scoperta di nuovi materiali, come il nylon, è stato necessario cercare nuove soluzione per la colorazione delle stoffe.
Il vero cambiamento si ha nel 1856, quando l’inglese Perkin ricavò per caso dall’anilina un colore che tendeva al malva.
Da allora i coloranti naturali sono stati sostituiti da quelli chimici, ma ancora oggi in alcune zone come Fez, in Marocco, la tintura delle pelli di capra viene eseguita in maniera tradizionale.
Sul web dilaga la mania della moda eco-sostenibile con un gran numero di tutorial dedicati alle tecniche di tintura naturale delle stoffe e la nascita di molti nuovi eco-brand, i quali realizzano capi d’abbigliamento interamente naturali.
Inoltre sono ancora accese le accuse fatte dai laboratori di Greenpeace ai grandi brand d’abbigliamento per l’utilizzo di tinture con una componente cancerogena all’interno.

Federica Riccardi

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