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In Italia, a maggio, come evidenziano i dati del Servizio politiche attive e passive del lavoro della UIL Nazionale, sono state richieste 25.208.214 ore di cassa integrazione, con una diminuzione dello 0,3% rispetto al mese precedente.

In Piemonte la richiesta è stata di 2.007.711 ore, in aumento del 4,2% (+1,5% ordinaria, +8,8% straordinaria, 0% in deroga). 

RAFFRONTO PRIMI CINQUE MESI 2019 E 2018

Raffrontando il periodo gennaio-maggio 2019 e 2018, le ore di cassa integrazione regionali sono diminuite del 7,4% (+0,7% ordinaria, -13,6% straordinaria, -99,7% in deroga). A livello nazionale le ore sono aumentate dell’11,4%.

Nei primi cinque mesi dell’anno, la media mensile dei lavoratori piemontesi tutelati è stata di 15.159, in diminuzione di 1.204 unità rispetto all’analogo periodo del 2018.

Nella nostra regione, la variazione percentuale della cassa integrazione per settori produttivi è stata la seguente: Industria +0,8%, Edilizia -44,4%, Commercio -67,4%, per un totale di -7,4%.

Le province piemontesi hanno fatto registrare il seguente andamento: Biella +46,7%, Novara +23,7%, Torino +17,2%, Alessandria +2,6%, Vercelli -50,1%, Cuneo -63,6%, Asti -79,6%, Verbania -82%.

Il Piemonte è la terza regione per ore richieste, preceduta da Lombardia e Campania.

Torino, con 9.299.990 ore richieste è la provincia più cassaintegrata d’Italia, seguita da Roma e Napoli.

DICHIARA IL SEGRETARIO GENERALE UIL PIEMONTE GIANNI CORTESE:

“Dall’analisi dei dati relativi all’economia e al mercato del lavoro piemontese, si evince che siamo ancora alle prese con gli effetti della crisi, la cui “onda lunga” determina, tra l’altro, l’aumento della povertà assoluta.

Neanche il lavoro garantisce un reddito sufficiente a mantenere un tenore di vita accettabile, dal momento che più di un lavoratore dipendente su cinque è a rischio povertà. Preoccupa particolarmente la percentuale di disoccupazione giovanile che, nella nostra Regione, si colloca al 30%. Si racconta che siamo tornati ai livelli precrisi, dimenticando che i rapporti di lavoro a orario ridotto sono passati dal 14 al 19% e che le ore lavorate sono ancora inferiori del 5,8%. Per migliorare la situazione servirebbero maggiori investimenti pubblici e una riduzione della pressione fiscale, mirata alla ripresa dei consumi da parte di lavoratori dipendenti e pensionati”.