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Interessante, coinvolgente ed affascinante, l’incontro di ieri sera, tenutosi al museo etnografico “C’era una volta“.

Condotto dall’antropologo e criminologo Massimo Centini, l’appuntamento ha avuto come tema la magia. L’aspetto interessante, però, è stata la sua interpretazione antropologica, che è partita da una definizione del significato di “magia“, per arrivare a parlare di come essa sia stata concepita da figure come: Freud, Jung, Malinowski e Doile. Un dato interessante (e che fa riflettere) ci è stato fornito quando l’antropologo ha affermato che solamente il 10% dei maghi possiede il diploma di scuola superiore o più, il 70% ha la licenza media ed il restante 20%, talvolta, non ha finito neanche le elementari. La clientela che si rivolge ai maghi, invece, per l’80% possiede un’istruzione medio-alta. Ciò dimostra che le persone ricercano nella magia ciò che non trovano nella scienza o nella religione.

Massimo Centini ha raccontato un interessante aneddoto che l’ha visto protagonista in un dialogo con uno sciamano. Questi gli aveva detto che, per molte delle persone che si sono rivolte a lui, non ha potuto fare niente, ma altre, grazie alle sue cure, sono riuscite a guarire. Interessante la frase dello sciamano: “Quelli che sono guariti avevano già la guarigione dentro; io l’ho solamente tirata fuori”.

Per rispondere alla domanda tema dell’incontro, “Perché ci si crede?“, Massimo Centini ha detto che la magia diventa un bisogno all’occorrenza, ma il rischio che si possa creare un circolo vizioso di dipendenza da rituali magici non è nullo. Questo perché siamo fondamentalmente delle persone fragili ed abbiamo bisogno di affidarci a “qualcosa“.

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