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Il Servizio Salute e Disabilità del Patronato Acli di Alessandria informa che secondo una recente indagine del Censis è emerso che un italiano su cinque ricorre alla sanità privata, soprattutto se si tratta di cure ritenute urgenti. Lo studi del Censis evidenzia che è sempre più diffusa la pratica di pagare direttamente alcuni servizi sanitare, per giungere a queste conclusioni lo studio parte analizzando il ruolo della sanità integrativa per poi arrivare alle disfunzioni della sanità pubblica.
I cittadini decidono di ricorrere alle prestazioni sanitarie a pagamento, sono circa 12,2 milioni di italiani, principalmente per due motivi: nella sanità pubblica: i tempi di attesa troppo lunghi e i ticket sono troppo alti.
Le liste d’attesa sono un punto critico della sanità pubblica, ecco alcuni esempi per dimostrare quanto tempo bisogna attendere prima di effettuare determinati esami in una struttura pubblica: visita ortopedica si va da un minimo di 22 giorni al nord-est a un massimo di 65 giorni al centro, prima visita oculistica si passa dai 50 giorni al nord-est ai 125 giorni al centro,
visita ginecologica si oscilla tra i 12 giorni al sud e i 68 giorni al centro,colonscopia si attendono da un minimo di 33 giorni al nord-est a un massimo di 216 giorni al centro,ecografia all’addome i tempi variano dal minimo di 36 giorni al nord-est al massimo di 206 giorni al centro,risonanza magnetica al ginocchio si attendono 22 giorni al nord-est e 213 giorni (dieci volte di più) al centro.
Nell’indagine è stato chiesto ai cittadini, che hanno partecipato, cosa ne pensassero del ticket e la risposta è stata la seguente: il 19,5% pensa che sia inutile e il 30% lo considera necessario per limitare l’acquisto di farmaci, il 56% ritiene troppo alto il ticket pagato su alcune prestazioni sanitarie (visite ortopediche, l’ecografia dell’addome, visite ginecologiche e colonscopia) mentre il 41% lo reputa giusto.
L’indagine ha sottolineato che il ticket da pagare varia da regione a regione, per esempio per le visite specialistiche (oculistica, ginecologia, cardiologia e ortopedia) oscilla tra un valore medio minimo di 20,00 euro al nord-est e un massimo di 45,00 euro al sud. Per non parlare della risonanza magnetica del ginocchio senza contrasto e della colonscopia. Il ticket varia tra i 36.00 euro del nord-est e i 60,00 euro del nord-ovest.
In conclusione la ragione principale del rivolgersi alla sanità integrativa privata è la lunghezza delle liste d’attesa per il 61,6% e la convinzione che se si paga si viene trattato meglio per il 18%; il 69% delle persone che hanno effettuato prestazioni private reputa comunque alto il prezzo da pagare e il 73% ritiene elevato il costo dell’intramoenia. In molti casi si ritengono anche meno care alcune prestazioni nel privato: al 27% degli italiani è capitato di constatare che il ticket per una prestazione sanitaria era superiore al costo da sostenere nel privato, pagando tutto di tasca propria (il dato sale al 37% nelle Regioni con Piani di rientro e il Piemonte è una di queste).
Un dato significativo da evidenziare è il dentista in quanto è crollato il ricorso al dentista a pagamento (oltre un milione di visite in meno tra il 2005 e il 2012); questo significa che per effetto della crisi molti cittadini scelgono le prestazioni che possono fare subito a pagamento e quelle da rinviare.
È significativo quanto ha affermato Stefano Cecconi, responsabile Politiche della Salute della Cgil Nazionale, commentando i dati del Censis: “Il fatto che milioni di italiani rinuncino alle cure per motivi economici, mentre chi può si rivolge al privato, sono la conferma ulteriore di un’emergenza sociale che non può essere ignorata”. Secondo Cecconi “Trenta miliardi di tagli lineari, in 5 anni, e troppi ticket hanno danneggiato il Servizio sanitario nazionale pubblico. Così il diritto alla salute e alle cure non è più assicurato a tutti, soprattutto nelle regioni sottoposte a piani di rientro. L’eccessivo peso dei ticket, oltre a far male ai cittadini, ha ridotto le entrate per il Servizio sanitario e favorito il privato”.

Di Fausta Dal Monte

Giornalista professionista dal 1994, amante dei viaggi. "La mia casa è il mondo"

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