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Un bluff. Un’incomprensione. Nella migliore delle ipotesi un giallo. Oppure come in Alice una “non-riforma”. La linea dell’Italia; come espressa dalla lettera di Berlusconi alla Ue; è quella che le pensioni di anzianità e vecchiaia vanno bene così; come sono state modificate dalla manovra d’estate; niente di più.

Nulla si tocca sull’anzianità; in base al “nyet” di Bossi: si andrà a “quota 97” nel 2013 (ovvero 62 anni anagrafici e 35 di versamenti); come regolarmente previsto dalla riforma Prodi-Damiano. Ma l’equivoco più grosso – avvalorato dall’intervento del ministro Gelmini a Ballarò di martedì sera che ha spacciato la cosa per una novità – è sulla vecchiaia.

Non ci sarà infatti alcun innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia perché nel 2026 è già previsto dalla manovra d’estate (legge 111 del 2011) che si vada in pensione a 66 anni e 7 mesi. A questa età; per calcolare il momento effettivo del pensionamento; bisogna aggiungere tuttavia un anno; come previsto dalla recente introduzione della cosiddetta “finestra mobile” che impone a tutti di aspettare dodici mesi prima del ritiro dell’assegno.

A conti fatti dunque nel 2026 si andrà in pensione; come previsto dalla vigente normativa; a 67 anni. Anzi; per la precisione la normativa attuale è già più severa di quella che sembra garantire Berlusconi all’Europa; perchéil traguardo della vecchiaia in base alla manovra d’estate; che peraltro ha accelerato la partenza del processo di due anni (al 2013); potrà essere tagliato solo a 67 anni e 7 mesi.

Infatti; come è evidente da una tabella di fonte Inps che tiene conto delle proiezioni demografiche Istat; dal 2013 l’età di vecchiaia salirà in base alle cosiddette “aspettative medie di vita” di tre mesi ogni tre anni. Grazie a queste riforme in Italia il traguardo dei 65 anni è rimasto in vita solo dal punto di vista “legale”; perché “aspettative di vita” e “finestra mobile” fanno sì che già dal prossimo anno si andrà in vecchiaia a 66 anni; nel 2013 a 66 anni e tre mesi; nel 2019 a 66 anni e 11 mesi fino a raggiungere – come accennato – i fatidici 67 anni e 7 mesi nel 2026. Tutto scritto e votato dal Parlamento; perché la prima versione della riforma sulle “aspettative di vita” risale alla legge 122 del 2010. “Si ripercorre il cammino realizzato con le norme vigenti e resta aperto il nodo dell’anzianità”; conferma Giuliano Cazzola (Pdl).

Anche per le donne la lettera del governo italiano a Bruxelles promette l’immobilità. Infatti la manovra d’estate ha messo in moto un meccanismo di accelerazione che parte blandamente dal 2014 (con l’aumento di un mese) e via via sale fino al 2026. Anche in questo caso al meccanismo bisogna sommare le “aspettative di vita” e la “finestra mobile”: così facendo; come dimostra la tabella Inps-Istat; nel 2026 l’età effettiva di pensionamento delle lavoratrici del settore privato sarà di 67 anni e 7 mesi. La novità dei due calcoli comparati sta nel fatto che donne e uomini nel 2026; quanto a pensione di vecchiaia; raggiungeranno una parità sostanziale: sommate le varie riforme andranno entrambi in pensione effettiva a 67 anni e 7 mesi.

Detto ciò; il nostro sistema; che mantiene l’atipicità europea delle pensioni di anzianità oggetto del pressing della Bce; darà le seguenti opzioni. Chi potrà; perché come molti lavoratori garantiti del Nord ha una storia contributiva forte; sfrutterà l’occasione di andare in pensione dal prossimo anno a “quota 96” (ovvero con 61 anni di età anagrafica e 35 di contributi) o nel 2013; quando il meccanismo di innalzamento si fermerà con 62 anni e 35 di versamenti.

Meglio ancora si troverà chi; avendo lavorato per 40 anni; potrà sfruttare il “semaforo verde” permanente che prescinde dall’età anagrafica. Chi invece ha una storia contributiva frammentata; dovrà tirare la carretta: fino a 67;7 anni nell’anno di grazia 2026.

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