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Sono venuti meno gli accordi siglati l’anno scorso con i sindacati a causa dell’andamento europeo

Aumento dei costi della materia prima e conseguente rialzo del prezzo

Sembra senza fine la crisi della Kme, la famosa industria toscana del rame, che ha due stabilimenti presenti sul territorio nazionale (una a Serravalle Scrivia e l’altra Fornaci di Barga).
Esattamente un anno fa (precisamente ad aprile 2013), la società aveva firmato un accordo commerciale con i rappresentanti dei sindacati Cgil, Cisl e Uil dove si garantiva “il ritiro dei 275 esuberi e la garanzia di mantenimento degli attuali organici fino al 31 dicembre 2015”.
Si trattava insomma di un buon compromesso tra le parti, che garantiva lavoro e affidabilità anche agli operai di Serravalle Scrivia. Ma, a distanza di un anno, la situazione sembra cambiata radicalmente. Kme nel frattempo ha venduto uno dei suoi stabilimenti in Inghilterra – cosa che ha scatenato e preoccupato i sindacati, che hanno immediatamente lanciato l’allarme – e le notizie che arrivano da Firenze parlano di una mancanza di lavoro che non permetterà all’industria di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Almeno non in tempi brevi e non tutti quelli previsti. “In seguito ai notevoli cambiamenti che sono in corso nello scenario economico-finanziario, caratterizzato da un’alta pressione sul mercato fisico determinata da diversi fattori, i premi sui catodi di rame negli ultimi mesi sono aumentati significativamente in tutto il mondo e soprattutto in Europa. In conseguenza di questo scenario di mercato KME si trova a dover fronteggiare un forte aumento di costi, rischi e oneri accessori connessi con l’acquisto di metallo. Pertanto KME ha deciso di applicare un ricarico temporaneo di 40 dollari (equivalenti a 30 euro), per tonnellata sul valore di metallo contenuto nei suoi prodotti. Le divisioni commerciali di KME sono a disposizione dei propri clienti per ogni spiegazione necessaria sull’argomento” è stato il primo campanello di allarme lanciato dall’azienda, preoccupata dal costo dei materiali sempre più alto.
Gli ultimi mesi non sono stati facili per la Kme, costretta a vendere parte dei gioielli di famiglia per proseguire il proprio business internazionale.
La cessione dello stabilimento di tubi sanitari di Kirkby agli americani di Mueller Industries Inc. ha permesso di incassare 18 milioni di sterline (pari a circa 22 milioni di euro), ha determinato per il gruppo una plusvalenza lorda di 15 milioni di sterline (circa 18 milioni di Euro) ed un beneficio finanziario di circa 33 milioni di Euro.
Un ottimo affare se si pensa alle difficoltà che vivono quotidianamente gli operai della ditta, stretti nella morsa della crisi di un’azienda tra le più produttive d’Europa fino a pochi anni fa. “Nonostante KME abbia pesantemente risentito della crisi – si legge nel comunicato – l’accordo raggiunto ha infatti consentito di mitigare gli effetti della crisi stessa dal punto di vista economico e di limitarne al massimo l’impatto sociale. Non si può purtroppo dire che il settore rame, e con esso KME, siano fuori dalle difficoltà, ma certamente le parti sociali hanno compiuto nel 2013 scelte efficaci. In alcuni settori dell’azienda si è infatti già registrato anche un lieve aumento della produzione già nel 2013” ha concluso l’azienda stessa.

Luca Piana

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