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Ancora tormentata la vicenda dell’ex Palaorto, la vecchia zona del mercato della città, venduta dal Comune di Acqui ad una società brianzola per la realizzazione di un complesso residenziale e commerciale.
Sono passati ormai dieci anni dal ritrovamento di importantissimi resti archeologici di età romana, emersi durante i lavori di via Maggiorino Ferraris, ma tutto è come prima: un recinto perimetrato da un area metallica. Per molto tempo i lavori si sono bloccati, fino all’abbandono del cantiere da parte della società. A nulla era servito il protocollo d’intesa promosso negli anni 2000 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, attraverso il quale la Regione Piemonte e la Provincia di Alessandria affiancavano il Comune di Acqui Terme per la promozione e la musealizzazione delle parti più significative e meglio conservate.
Il costo previsto per la realizzazione di un parco archeologico era superiore a due milioni di euro.
Tra ricorsi, controricorsi e vincoli della sovrintendenza si arriva ai giorni nostri, quando poco si sa sul destino di un pezzo della città antica. Gli scavi avevano, infatti, portato alla luce un quartiere semiperiferico della città romana, con abitazioni servite da fogne e, alcune, con magnifici mosaici, che si affacciano su di una strada del I secolo d.C. Essa fu ampliata nel secolo successivo e subì rimaneggiamenti in epoca tardo antica, verso il crepuscolo dell’impero. Forse si costruirà un nuovo palazzo sopra la vecchia città o la sovrintendenza riuscirà a creare uno spazio visitabile.
Per ora s’intravede qualche ruspa tra i reperti, abbandonati da un decennio.
Tanta amarezza per una vicenda senza fine.

GG

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